AFFRONTARE IL LUTTO CON I BAMBINI

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I bambini capiscono e soffrono un lutto ma possono elaborarlo se li consideriamo capaci.

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LA MORTE FA PARTE DELLA VITA

Inevitabilmente la morte fa parte della vita, è la parte conclusiva della vita di un essere vivente, ma è anche oggetto di discussione della vita quotidiana. La morte viene cantata in tante canzoncine amate dai bambini, (cappuccetto rosso per esempio o le scimmiette che saltano sul letto); viene raccontata in tante favolette classiche e non, in quante favole la principessa è orfana di madre o di padre? O c’è un cacciatore che uccide qualcuno? In tantissime!!! La morte viene studiata a scuola, già nei primi anni si parla di ciclo vitale che si svolge attraverso la nascita, la crescita, la riproduzione e infine la morte di un essere vivente, vegetale o animale che sia, poi più avanti si studiano le guerre e i grandi poemi; e poi ancora di morte si sente parlare ogni giorno al TG, alla radio, quante notizie nominano la morte? Quasi tutte purtroppo. Ma questo non ci turba lo ascoltiamo cantiamo e raccontiamo le storielle con grande serenità, studiamo e accompagniamo i nostri bambini nei compiti senza farci turbare dalla parola morte; ascoltiamo commentiamo e riportiamo infinite notizie che parlano della morte senza esserne troppo coinvolti, è tutto normale e lo è proprio perchè la morte fa parte della vita.

Ma quando avviene un lutto in famiglia, parlare della morte a un bambino ci spaventa sempre, questo perché ne siamo coinvolti in prima persona, ci tocca e ci addolora più  di qualsiasi altra notizia o pagina di storia. È  come se quando il lutto è “nostro”, quando ci “appartiene”, lo percepiamo impossibile da comunicare; invece quanto più ci tocca a noi adulti quanto più ne dovremmo parlare ai bambini.

Con la loro grande competenza emotiva, i bambini, spesso capiscono solo con uno sguardo che qualcosa non va, che è successo qualcosa di grave, di irreparabile; loro vedono le nostre espressioni, le nostre lacrime, e provano dolore e nostalgia, almeno quanto noi, forse anche di più.

I bambini hanno bisogno di capire cosa ci provoca dolore, cosa è  successo, perché è successo, quanto durerà, hanno bisogno di nominare chi non c’è più, ricordarlo e portarlo nel cuore e soprattutto, i bambini possono capire che morte è contrario della vita e allo stesso tempo ne fa parte.

LA VERITA’ AIUTA

Quando si prova un grande dolore per la perdita di qualcuno, il primo passo da fare con i bambini è dire loro la verità. 

Dire a un bambino delle bugie e delle mezze verità crea solo confusione. Il termine morte va usato senza timore, con cautela certo, ma si può dire. 

Se un parente o un animale muore, bisogna dire ai bambini che è morto, che non ci sarà  più, mai più, che non tornerà. Dire ai bambini cose come “è  partito”, “è andato via per tanto tempo”,  “sta facendo un lungo sogno” è ingannevole: i bambini sanno che dai viaggi si torna e dal sonno ci si sveglia, questo purtroppo non accadrà ed è  bene quindi non dargli delle speranze che non si potranno mai avverare.

Possiamo dirgli che chi è morto “se n’è andato per sempre”, “che non tornerà più ma che però, anche se non ci sarà fisicamente, ci sarà nei nostri ricordi, nelle foto, nel nostro cuore, lì si ci sarà per sempre. 

Si può raccontare che ci sono malattie dalle quali a volte non si riesce a guarire, che la persona o l’animale ci ha provato, i medici lo hanno curato ma alla fine era troppo stanco per continuare a proseguire. 

Si può raccontare degli incidenti della vita sulla strada, nei cantieri, che sono imprevedibili e possono capitare a tutti, senza avvisare prima.

Si può  parlare di un corpo che all’improvviso ha smesso di funzionare, di un ingranaggio che è  saltato e quindi forse il cuoricino è  scoppiato o lo stomaco a seconda di cosa è capitato.

Si può dire che il bimbo nella pancia che tutti stavamo aspettando ha avuto un grosso problema e non arriverà. 

A seconda dei casi si può dire cosa è successo davvero. 

Sarà doloroso ma sapere aiuta i bambini a capire, ne hanno bisogno, necessitano della verità e non delle menzogne a qualsiasi età, anche molto piccoli. 

PARLARE DELL’ASSENZA

L’assenza e il vuoto lasciato da chi non c’è  più  è grande, invadente e palpabile. Ogni luogo genera un ricordo, la nostalgia di un sapore di un cibo cucinato in modo unico, la carica emotiva degli oggetti ricevuti o condivisi con la persona scomparsa…. Ogni cosa ci rievoca ricordi ed emozioni. Questo succede anche nei bambini che però non lo dicono perché non sanno se è  qualcosa di normale, non sanno se va bene pensare a chi non c’è  più. Li dobbiamo aiutare noi. Noi grandi dobbiamo parlare dei ricordi, delle emozioni che abbiamo e di chi non c’è  più. Le emozioni vanno nominate perché così possono essere capite. 

Chi muore non deve sparire dai discorsi, così  come non sparisce dai pensieri. 

La nostalgia, la mancanza, la tristezza se hanno posto nei discorsi prendono forma altrimenti rimangono una nuvola di emozioni indefinite e pervasive.

La  morte rappresenta una perdita, che va ricordata e nominata altrimenti verrà vissuta come un’ inspiegabile sparizione e provocherà nei bambini un grandissimo senso di abbandono. Un bambino che si sente abbandonato penserà di avere delle colpe.

Chi muore non ci ha abbandonati perché non capaci o non meritevoli, chi muore ha terminato la sua vita perché purtroppo non c’era alternativa.

Chi muore deve  rimanere nei ricordi, nelle foto, finché possa essere ricordato. 

Più i bambini saranno piccoli quante più saranno le parole che dovremmo mettere noi adulti per loro, piccoli bambini, ancora non capaci di dire e di raccontare, ma certamente  capaci di sentire le emozioni come le parole.

ULTIMO SALUTO

Spesso ci si domanda se portare i bambini al funerale, o addirittura alla camera ardente, mediamente si evita tutto.

I servizi che si occupano di prima infanzia, seguendo il loro bisogno di sapere, di capire e di verità, quando le condizioni lo permettono, suggeriscono di rendere partecipi i bambini anche di questi momenti.

Ovviamente questo dipende dai casi e non si può generalizzare, ed è anche giusto che ognuno faccia come in quel momento si sente di fare.

Pensiamo alla morte di un animale domestico, questo capita a tutti coloro che hanno un animale perché vivono meno di noi. Capita che siano i bambini stessi a trovare il corpo esanime o che arrivi il veterinario ad aiutare e rendere più veloce e meno doloroso il passaggio, allora in quel caso è  inevitabile, la famiglia si riunisce per un’ultima carezza, un ultimo abbraccio. Anche la perdita di un animale, che per alcuni bambini è  vissuto come un fratello, è un’evento doloroso.

Allora perché non farlo anche con gli umani? Magari permettendo di lasciare un disegno o un piccolo peluche come regalino al defunto?

E poi il funerale a feretro chiuso, davvero l’ultimo saluto, ai bambini sapere che il corpo è lì, che sarà lì per sempre, che poi verrà messo in terra o nel loculo o in un forno che poi ci ridarà una polverina che rappresenterà la persona morta, potrebbe essere utile a capire. 

A dare un seguito al percorso di una vita.

CONDIVIDERE GLI EVENTI CON ALTRE PERSONE DI RIFERIMENTO

Infine ciò che è ancora da sottolineare nell’affrontare il tema del lutto con i bambini, è l’aspetto sociale.

È importante che le altre figure di riferimento dei bambini, familiari, amici, maestre siano informati dei lutti che ci colpiscono.

Le persone che circondano i bambini sappiano cosa è avvenuto, perché potrebbero manifestare rabbia o atteggiamenti nuovi che risulterebbero inspiegabili e a volte ingiustificabili agli occhi di adulti ignari. Inoltre se anche le altre persone di riferimento sanno che cosa è successo possono favorire tutti gli argomenti fino ad ora trattati, quindi aiutare il bambino a capire cosa sia successo davvero, a parlarne, a raccontare come il bambino di sente. 

Non dobbiamo vergognarci o nasconderci noi per primi, e rendere partecipi gli altri adulti di riferimento può solo aiutare a costruire una rete intorno ai bambini come una sorta di paracadute.

P

Cosa dice la Psicoterapeuta

CHIARA DEL GIUDICE

Il tema della morte, benché molto presente come ricorda Edra all’inizio dell’articolo, è considerato tabù soprattutto se si parla di bambin*. In questo modo si pensa di proteggerl*, di non far soffrire: ricordiamoci però che nulla crea sofferenza nell’essere umano come la mancanza di senso, ad ogni età.

L’occasione per parlare di morte con nostr* figl* può presentarsi perché qualcun* a cui teniamo o che conosciamo è venut* a mancare, o anche per una curiosità del* bimb* stess* (soprattutto ad una certa età).

Nel parlare con un* bimb* bisogna sempre tenere conto dello stadio di sviluppo del suo cervello, al di là del tema trattato.

Fino ai 3 anni, c’è una difficoltà a capire cosa significhi realmente morire, e che questa sia una condizione irreversibile come anche che si muore per delle cause.

Molto spesso si tendono a dire cose come “la persona morta è partita per un viaggio”, “sta dormendo un lungo sonno” o anche “è su una nuvola”.

Solo che il cervello a quest’età non distingue finzione e realtà, il pensiero è estremamente concreto e proprio per svilupparsi generalizza ogni informazione! Quindi il/la piccol* può pensare che quando qualcun* dorme tanto è mort* o che quando si fa un viaggio si muore…e tutto ciò può risultare molto confondente.

È necessario spiegare che la persona morta non è più con noi e questo vuol dire che non esiste proprio più, non può fare più cose come giocare con noi ad esempio e che noi anche se lo vorremmo tanto non la vedremo più.

È fondamentale verbalizzare le emozioni, come stiamo noi e come sta il/la bimb*: il fatto di non vedere più questa persona ci può rattristare molto, ci può fare anche arrabbiare e tante altre cose, che cambiano nel tempo….

Dai 4 anni circa e sempre di più verso i 6 anni, vi è una comprensione maggiore degli aspetti di irreversibilità della morte e in cosa può consistere questo fatto.

Iniziano ora le prime paure ed anche ad essere interiorizzato il concetto di pericolosità di alcune azioni: questo significa che c’è l’idea che alcune cose possono recare danno alle persone.

Tutto questo, unitamente ad una maggiore padronanza del linguaggio, può dare origine a molte domande da parte del* bimb*.

Il mio invito è quello di accoglierle e legittimarle.. non sono MAI improprie, ma preziose. E’ importante nutrire la curiosità e sostenere l’approcciarsi con essa alla scoperta del mondo!!

Possiamo non avere tutte le risposte, e questo non è un male.

Anche qui, verbalizzare quello che pensiamo e sentiamo è una buona strada, rispettosa della propria fatica e della sua legittima curiosità.

Dai 6 ai 9 anni, il concetto di irreversibilità della morte è consolidato, come anche sempre più la padronanza linguistica e la possibilità di distinguere cosa è fantasia e cosa realtà. 

Ci può essere un ulteriore passaggio, ossia l’attribuzione di questo tema ad altre persone e una necessità di capire aspetti nuovi: “ma quindi muoio anche io?”, “Anche tu mamma/papà muori?”, “cosa succede quando si muore?”.

 

A partire dai 10 anni, è possibile ragionare attraverso il pensiero astratto. Questo implica la possibilità di tenere insieme diversi elementi in un ragionamento, imparare da esperienze passate e riflettere sul futuro, oltreché sviluppare idee nuove in maniera maggiormente autonoma.

La condivisione assume caratteristiche differenti: è sempre meno sbilanciata ed incentrata sulla spiegazione richiesta all’adulto dal* bimb*, e sempre più simile ad uno scambio.

In generale, siate autentici nel mostrare come state.

La fiducia riposta in noi adulti si merita adeguata sincerità anche quando ci fa male.

Non vergognatevi di piangere e se avete necessità prendervi un momento prima di affrontare l’argomento, fatelo!

Spiegate quello che succede, quando ve la sentite: “mamma/papà piange perché è molto triste..gli/le manca tanto la persona defunta”.

Uno spunto: in separata sede, chiedetevi cosa vuol dire per voi che la persona defunta non ci sia più, come state con questo pensiero e cosa provate. Rifletterci può essere utile a dar senso, per voi e per chi vi sta attorno.

Può succedere che pensieri e paure insorgano nel* bambin* più avanti, ed è normale. Non è un segno che si è sbagliato qualcosa, ma del fatto che sta avvenendo una elaborazione dell’evento e grazie al fisiologico svilupparsi del cervello, si stanno applicando nuove risorse alla conoscenza del mondo, e quindi anche di questo tema.

La questione dell’ultimo saluto dipende principalmente da cosa ne pensa chi soffre e dal* bimb* (che età ha e com’è).

Quindi osservarsi ed osservare è fondamentale.

Alcuni spunti di riflessione possono essere i seguenti:

Io, mamma/papà, sono pront* a portare il/la mi* bimb* al funerale o al cimitero?

L*i è pront*? Come l* fa sentire questa cosa? (qui l’età gioca un ruolo ancora più fondamentale).

Altra domanda: per esempio, durante il funerale, c’è qualcun* (il/la partner o altra figura) che può stargli o starle vicino e all’occorrenza portarl* in un luogo più neutro, se io non me la sento?

Nel caso il tema sia portato dal* piccol* (e questo succede dai 6 anni circa, come abbiamo visto) con domande e richiesta di spiegazioni, come sempre la parola d’ordine è accogliere.

Quello che sta avvenendo è uno scambio importantissimo!

È normale che non abbiate tutte le risposte, non sminuite la richiesta per “tagliar corto”. Per una mamma e un papà questo argomento (come altri) può essere fonte di angoscia, ma quanto può esserlo per l*i? E cosa accade se l*i oltretutto sente che condividere certi argomenti con voi non è possibile?

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