PARTORIRE, CHE EMOZIONE!
Emozioni in gravidanza e valutazione dei rischi ad esse connesse.
Oltre all’eccitazione, ai dubbi, ai timori e alla gioia che accompagnano l’attesa, c’è un’altra dimensione, di cui è importante parlare: quella dell’inquietudine, intesa come una tensione naturale al momento del parto.
L’ingresso nella vita di un bambino è un processo che implica più tempi:
- Un “prima”, dove il bambino è vivo nei pensieri e nei desideri della coppia, nelle loro fantasie e nelle loro paure
- Un “adesso!”, che si impone e che sconvolge, e rispetto al quale la donna non può scegliere tutto, c’è sempre una quota di imprevedibilità da accettare e da affrontare.
- Un “dopo”, che chiama in causa la relazione. Dal Parto in poi, ogni relazione dovrà essere creata e, quindi, scelta.
In letteratura si parla essenzialmente di depressione post parto tenendo in scarsa considerazione quella forma francamente depressiva che già all’interno della gravidanza si manifesta normalmente con attacchi d’ansia e modeste manie persecutorie rispetto alla salute del nascituro, investendo tutta una logica propria della mamma, della sua autostima e della sue capacità immaginative di adattamento verso l’evento.
La gravidanza, la nascita e il primo contatto, condizionano notevolmente la personalità di un individuo e la sua modalità di relazionarsi.
BABY BLUES
Si tratta di una condizione emotiva post-natale, molto vicina alla tristezza, che non ha effetti patologici. I sintomi sono legati al radicale cambiamento dello stile di vita, allo spossamento del travaglio e del parto, alla fatica e allo stress, al debilitamento fisico, alla mancanza di abitudine alla nuova situazione familiare, all’ansia per l’attesa della montata lattea, alle condizioni del neonato eccetera; tristezza dovuta, cioè, a situazioni concrete con i loro relativi risvolti psicologici che non comportano gravi difficoltà o impedimento nell’assolvimento dei compiti.
I sintomi compaiono tra il terzo e il quinto giorno e scompaiono, normalmente, entro due settimane. L’esperienza del baby blues è vissuta da una percentuale variabile tra il 15 e l’85% ma solo una donna su cinque, in genere, sviluppa depressione post-parto.
DEPRESSIONE POST-PARTUM
È una forma depressiva, non psicotica, del dopo parto. Insorge nel secondo/terzo mese dal parto e può mantenersi fino ai dodici mesi; l’incidenza maggiore è registrata nelle prime 6 settimane e il 3-6 % di queste forme va incontro ad una vera e propria psicosi puerperale.
L’insorgenza di tale tipo di depressione è soggetta a fattori di rischio che normalmente sono così riassunti:
- storia personale di depressione precedente
- mancanza di sostegno sociale
- difficoltà di rapporto con il partner
- eventi stressanti recenti
- presenza di psicopatologia nella storia familiare
- gravidanza non pianificata
- presenza di altri figli
- stress parentale prenatale
- precarie condizioni economiche e di salute in genere.
Gli indicatori diagnostici, invece, sono i seguenti (American Psychiatric Association, presenza di 5 o più dei seguenti sintomi, perduranti per almeno due settimane):
- basso tono dell’umore
- perdita di interesse
- aumento o diminuzione dell’appetito
- insonnia
- ipersonnia
- rallentamento o agitazione psicomotori
- spossatezza o sensazione di perdita delle forze
- senso di colpevolezza o indegnità
- diminuzione della concentrazione
- pensieri ricorrenti di suicidio
- aggressività.
PSICOSI PUERPERALE
Si tratta di un disturbo psichiatrico che colpisce 1-2 donne su mille. I sintomi più frequenti sono: stato confusionale, gravi oscillazioni del tono dell’umore, comportamenti eccentrici, delirio, allucinazioni. Fattori di rischio sono la storia personale o familiare di schizofrenia o di psicosi maniaco-depressiva.
Anche le donne con precedente psicosi puerperale sono ad alto rischio di recidiva nelle successive gravidanze (25 – 50 %). La comparsa può essere drammatica, con inizio subito dopo il parto o entro 48-72 ore. Nella maggior parte dei casi i sintomi si sviluppano entro due settimane dal parto. La mamma colpita da psicosi puerperale è totalmente incapace di affrontare la vita quotidiana e soprattutto non è in grado di prendersi cura del proprio bambino. È necessario un intervento terapeutico immediato ed appropriato.
STRESS PSICOLOGICO
La definizione di stress proviene dall’ingegneria e indica la forza che, applicata ad un materiale, produce tensione o cambiamento meccanico; in psicologica, esso fu inizialmente inteso come sinonimo di stimolo nocivo e anche come l’insieme delle reazioni difensive – di natura fisiologica e psicologica – messe in atto per far fronte ad una minaccia o sfida e per ristabilire, in modo adattivo, l’equilibrio omeostatico.
Successivamente, in merito alla specifica indicazione di stress di tipo psicologico, si inserì la componente relazionale (emotiva e cognitiva) nei confronti dell’evento: ogni evento esistenziale, compresi quelli socialmente ritenuti di grande impatto emotivo/psicologico (tra cui il parto) non è di per sé stressante (nocivo) se non in misura dell’attribuzione quantitativa soggettiva di significato emotivo (e simbolico).
STRATEGIE ADOTTABILI
- Il coping è la dimensione psicologica coinvolta nel processo di adattamento in situazioni stressanti. Per definizione, tale dimensione è singolarmente posseduta ed utilizzata in misura differente e, applicata, mette in atto un processo strategico di valutazione delle proprie risorse; tale processo comprende l’elaborazione di pensieri finalizzati ad una serie di azioni cognitive e comportamentali per il controllo dell’impatto e della portata che l’evento stressante ha sulla propria esistenza.
- L’empowerment è la capacità individuale di praticare e rendere operative le proprie risorse individuali nel percorso di raggiungimento del benessere. La capacità individuale è, però, soggetta al contesto sociale nel senso che è mediante esso che le persone possono acquisire le competenze necessarie a sviluppare le abilità di adattamento e di modificazione rispetto allo stile di vita. Grazie al processo di empowerment ogni soggetto sente ‘di avere potere’ oppure ‘di essere in grado di fare’.
Al fine di potenziare queste risorse, di per sé in parte già presenti in ognuno di noi, potrebbe rendersi utile o interessante coltivare spazi di condivisione con chi sta affrontando una stessa situazione oppure cercare il sostegno e il confronto della propria rete sociale (amici, parenti, professionisti che hanno accompagnato la gravidanza).
Il parto è un momento che richiede partecipazione attiva e quanto più possibile consapevole.
Si rende quindi auspicabile la costruzione di uno spazio mentale ed emotivo per la donna, dove potersi ascoltare, conoscere e riconoscere e sperimentare. Se aggiungessimo a questi ingredienti quelli del sostegno e della condivisione, sono quasi sicura che il carico possa almeno in parte alleggerirsi!
Parlare della tristezza delle madri è ancora un tabù. La donna dopo il parto deve essere felice a tutti i costi, e spesso proprio per questo stigma fatica a chiedere aiuto. La parola d’ordine dovrebbe essere supporto e condivisione. Si dice di una donna in attesa “donna in stato interessante”, perché interessa a tutti, ma dopo che è il cucciolo è nato/a, a chi interessa?
Basta guardare l’offerta di corsi preparto rispetto all’offerta di incontri post parto…
La nascita non è la fine, nè l’inizio, è un continuum…Troppo spesso ci si nasconde dietro al fatto che con un neonato sia più difficile spostarsi o frequentare incontri ma avere la possibilità di ricucire le ferite (in tutti i sensi) è importante che avvenga prima possibile per non impattare sulla relazione col bambino e sulla relazione di coppia o con le famiglie allargate.
Prendersi cura delle madri è una priorità, per crescere un bambino ci vuole un villaggio intero, non lasciamo sole le neomadri.
Il parto è un momento legato alla natura, al corpo, alla fiducia al lasciare andare ed all’accogliere. Tutti temi estremamente centrali in un percorso di pma.
Le coppie che arrivano ad una gravidanza in conseguenza ad un percorso di pma spesso hanno attraversato momenti difficili e pieni di paure e di ansie. Un figlio tanto cercato e tanto desiderato mette spesso alla prova la fiducia che la donna e l’uomo possono riporre nel proprio corpo e nella natura in generale. Il momento del parto apre e sollecita a livello emotivo tutto quello che fino a quel momento nell’immaginario comune può essere visto come il corollario di un desiderio o di progetto.
Tutto quello che si può immaginare per una gravidanza fisiologica dal concepimento al momento nascita in un percorso di pma spesso può avere vissuti alquanto differenti.
Molto spesso le gravidanze sono vissute con ansia e preoccupazione, quel pieno tanto desiderato può essere anche fonte di vissuti negativi di inadeguatezza.
Il momento del parto deve essere preparato con cura, la futura mamma ed il futuro papà devono avere la possibilità di trovare sostegno per tutte le molte domande e incertezze che possono sperimentare. Un lavoro molto importante è quello sul “lasciare andare” il bambino desiderato, pensato, immaginato e poi sentito che la donna affronta per incontrare il suo “bambino reale”. In questo percorso è possibile incontrare la tristezza, la rabbia ed il dolore, tutte emozioni che è molto importante riconoscere ed accogliere.
In questo è importante che la coppia possa trovare il più buon sostegno possibile per arrivare al parto nel modo più sereno e tranquillo possibile.
Cosa dice la Mam to Mam
Esperienza di Mamma
Ho pianto.
Ho pianto tanto e ho scoperto che nel pianto non c’è vergogna. Quando è nato il mio primo bambino mi sono ritrovata a piangere così tanto che mai avrei pensato di avere tutte quelle lacrime. Ho pianto per tristezza, per paura, per rabbia, per vergogna, per dolore… La depressione post partum ha portato emozioni sconosciute, ha portato vuoto, ha portato nebbia. Mi sentivo persa e piangevo. Ma poco per volta ho capito che nelle lacrime si trova anche l’amore, il coraggio, la gioia, la felicità, l’avventura, la commozione, la nostalgia, le cose belle, le cose buone. Ho capito che non bisogna vergognarsi a piangere, bisogna prendersi per mano e sentire la forza che abbiamo dentro. Il pianto serve e io cerco di insegnare al mio bambino che anche grazie al pianto noi comunichiamo le nostre emozioni e questo non è mai sbagliato.
La depressione post partum è una cosa vera. Esiste. Non parlo del baby blues, parlo proprio della DEPRESSIONE POST PARTUM, lo ripeto e lo metto in maiuscolo perché non se ne parla abbastanza.
Io la ricordo come una bolla bianca in cui tutto mi sembrava ovattato, mi sentivo sola con una folla intorno, volevo urlare ma mi sentivo soffocare, piangevo tutte le mie lacrime su un apoarente sorriso. Io sono riuscita a chiedere aiuto, per me la salvezza è stata la psicologa, mi ha fatto capire così tante cose da poter dire di esserne uscita, ci sono voluti due lunghi anni ma adesso so riconoscerla e so che non tornerà perché ogni giorno che passa mi ricordo di poter chieder chiedere aiuto al di fuori di chi ho intorno.
Vi racconto il momento in cui ho capito che non potevo farcela da sola e che era necessario chiedere l’aiuto di una professionista.
Un giorno, il mio bimbo aveva quasi un anno, mi sentivo così persa, così esausta, così vuota che mentre lui piangeva disperato nel seggiolone io ho preso le chiavi di casa e sono uscita. Ho fatto 10 passi e poi mi sono chiesta che cosa stessi facendo, sono rientrata immediatamente e ho deciso che era giunto il momento. Stavo per mollare, invece ho chiesto aiuto.
Ti dicono tante cose,
Ti giudicano,
Ti etichettano,
Ti fanno sentire inadeguata,
Chiudi gli occhi, ascolta solo te stessa e pensa che tu sei l’unica vera forza che hai dentro. Ignora chi hai intorno, pensa solo a te e al tuo bambino. Il resto non conta.
Il mio mantra.